giovedì 28 gennaio 2016

Conoscenza necessaria

Quando si legge una notizia, specialmente in rete, in particolar modo sui social, se non è palesemente contraffatta, si è portati a crederla vera.Se poi in qualche modo conferma una nostra percezione su un tema a noi caro, tutte le diffidenze cadono.
Entra in gioco in questo caso il Principio del Minimo Sforzo il quale afferma che , mediamente, chi è alla ricerca di informazioni, tende a usare il metodo più conveneniente, meno impegnativo. Si privilegia una acquisizione passiva dell'informazione, a fronte di una ricerca attiva che però comporta maggiore sforzo, tempo da dedicare e competenza.

E' il percorso che più si confà a chi naviga "a vista" nella rete, sperando di imbattersi nel post, documento, commento o qualsiasi produzione di pensiero che lo aiuti proprio in quel problema che sta affrontando.
Alla fatica di studiare, approfondire, non accontentarsi della prima notizia letta si preferisce l'autoconvincimento di essere nel giusto, di avere le giuste conoscenze e la competenza necessaria.
Ma raccogliere informazioni non significa  automaticamente acquisire conoscenza.

Gandalf non applica il principio del minimo sforzo nella sua ricerca sull'Unico Anello


Luciano Floridi, filosofo italiano che sta dando un fondamentale contributo alla comprensione del mondo dell'informazione nella quale siamo immersi, discute del passaggio tra l'informazione e la conoscenza in un interessante articolo.
Ci si chiede infatti come una informazione, ovvero una serie di dati ( osservazioni dalla realtà ) di cui si conosce la relazione che li lega e che si presume essere veri    possa  diventare conoscenza, cioè una capacità della persona che la detiene di capire alcuni aspetti del mondo e agire di conseguenza in modo efficace.
La chiave interpretativa sta nel considerare le informazioni parte di una rete che le metta in relazione tra loro. Da queste relazioni  nasce la conoscenza.
Se in questo modello il prerequisito è che tutte le informazioni siano vere, la falsità di un solo nodo della rete pregiudica la veridicità di tutta la rete, quindi della conoscenza che si acquisisce.

Tornando alle notizie in Internet, spesso bufale o notizie false vengono accettate perchè il network di informazioni a cui fanno riferimento è per la maggior parte vero.  Di falso ci possono essere uno o due particolari, fondamentali per per compromettere la  verità dell'intero sistema, ma che possono sfuggire ad un utente non particolarmente attento.

Studiare come la conoscenza si costruisce, da cose e come è composta l'informazione può aiutare ad aumentare l'attenzione e a navigare nella Rete in modo più consapevole.



lunedì 25 gennaio 2016

Rinnovare la memoria, rinnovare la cultura

(da Internet)

Sabato scorso ho assistito alla presentazione del libro a fumetti "Il viaggio di Roberto" di Giovanni Redaelli, evento promosso dall'ANPI cernuschese in occasione della giornata della memoria.

Non sto a dilungarmi sul significato della giornata e sul dovere di ricordare, che molti più quotati di me sanno commentare meglio.  Il valore aggiunto dell'evento era la presenza dei giovani, sia nella persona dell'autore del fumetto, sia nella performance, dal vivo e in video di alcuni studenti che hanno raccolto testimonianze e si sono prestati a rinnovare la memoria dei loro nonni.

Come è stato detto, hanno "raccontato storie di morte cercando di portare un messaggio di vita".

Il fumetto, opera di un ventitreenne  disegnatore con una particolare predilezione per Roberto Camerani e la sua storia è stato esplicitamente impostato per una fruizione "popolare" facile da seguire anche da chi non  legge Topolino, Tex & c.. Forse anche a causa di  questo  (e alla giovane età dell'autore)  sconta alcune ingenuità grafiche e una certa timidezza: qualche guizzo in più nella sceneggiatura e nella grafica non avrebbe guastato. Ciononostante, l'impatto con la storia raccontata è forte, le immagini prendono immediatamente e veicolano emozioni pure. Chi non ne sa abbastanza potrebbe integrare la storia  con altre testimonianze (su memoriarinnovabile.org). Ma già  così la testimonianza di Roberto  appare limpida.


Ma a ben vedere non  sta solo qui il bello di quel pomeriggio in una biblioteca affollatissima. Il fatto è che  i protagonisti di una narrazione della storia di quasi ottant'anni fa sono stati dei ventenni. 
Il fatto è che la cultura, sabato, l'hanno fatta loro.
Ed è cosa rara nella nostra città. Siamo ancora legati alla concezione di una cultura come "altra" rispetto alla vita reale. Cultura come elevazione  dalla massa, come strumento di distinzione, di separazione, mai di inclusione. Cultura come realizzazione di sè, spesso autoreferente, non a servizio della comunità per aiutarci a comprendere il mondo che viviamo. 

E invece serve una cultura della condivisione, serve raccontare e interpretare il quotidiano, servono voci che esprimano linguaggi differenti,  adeguati ai cambiamenti in atto per i quali i modelli interpretativi cari alle nostre generazioni non sono sufficienti.
Anche in questo i giovani possono essere speranza.




sabato 2 gennaio 2016

le implicazioni sociali e pratiche della convivenza con un umanoide robot




Risultati immagini per tamagotchi 



Anni fa spopolò soprattutto tra i bambini, ma attirando l'attenzione anche di un pubblico più adulto, un gioco di accudimento virtuale di un animale.Il gioco si presentava nella sua versione più conosciuta e imitata  come un piccolo dispositivo elettronico con schermo monocolore,  e simulava la vita di un piccolo animale alieno che doveva essere accudito dal proprietario, pena la morte per inedia.Si chiamava Tamagotchi, e dovette il suo successo al fatto che creava una interazione sociale "facile", senza costrizioni se non quella di ricordarsi del proprio "cucciolo" di tanto in tanto.
Era ancora un tempo in cui i cellulari svolgevano sostanzialmente la funzione per cui erano stati inventati e poco altro, Le intuizioni sull'interattività a portata di palmo erano un'esclusiva della Palm, appunto, e ancora non erano migrate sugli ancora inesistenti smartphone.
Il Tamagotchi dava l'illusione di relazionarsi con un essere reale, senza le incombenze che ogni proprietario di pet (cani, gatti o criceti che siano) ha.
Siamo poi passati alla socializzazione mediata dalle tecnologie, che avvicina persone lontane chilometri ma dall'altro lato rischia di allontanare persone tra loro vicine,
In questo caso ci sono da entrambi i lati persone reali, che la mediazione dei dispositivi solleva da alcune convenzioni, introducendone altre, meno coinvolgenti sotto il profilo emozionale.
Ci stiamo affacciando ad un'altra fase, che ancora non ha raggiunto i nostri salotti, ma sta già ponendo  domande alle quali gli psicologi cercano di rispondere.
 E' l'era dei robot.
Da tempo l'automazione industriale è una realtà, e non ci sorprende vedere per casa un disco rotante che spazza e lava i pavimenti al posto nostro.
Anche se di strada ce n'è molta da fare, le funzionalità espletate da queste macchine sono quelle noiose che vorremmo evitare, o che mettono a rischio la nostra incolumità, pertanto esse vengono percepite come


Come sarà  invece l'impatto con robot di tipo umanoide che entreranno nella nostra vita, coinvolgendo anche la nostra socialità, nell'arco dei prossimi anni ?
Avremo a che fare  con  robot per l'assistenza ad anziani e disabili, assistenti di qualsiasi tipo, colf, cuochi.  Saranno simili a noi per poter disporre dei nostri stessi utensili e per poter interagire secondo le modalità a noi familiari: emissioni verbali, movimenti del corpo, espressioni del viso.





Vi sarà un nuovo modo di interagire, si stabiliranno relazioni molto più simili ad un animale domestico che ad un usuale elettrodomestico. Daremo ordini verbali e riceveremo risposte. In parole e/o azioni. Come vivremo queste interazioni?  Cosa saranno per noi quegli esseri parzialmente simili a uomini, ma non troppo, per non rischiare di cadere nella valle perturbante ( la uncanny valley del diagramma sopra), ovvero quella zona di disagio che ci prende quando interagiamo con un robot molto simile ad un uomo, ma che riconosciamo non appartenente alla razza umana. Come li tratteremo? Come schiavi senza diritti, funzionali solo ai compiti preposti, o lik sottoporremo ad antropomorfizzazione, ossia vedremo in essi sufficienti segnali di tipo umano da paragonarli a noi, attribuendogli diritti di cui in effetti non sapranno che farsene ( ammettendo che le capacità cognitive dei nostri aiutanti androidi non raggiungano il livello di consapevolezza di se).
Un esempio di robor non umanoide: il TARS di Interstellar

Ci saranno anche implicazion più pratiche di cui tener conto.
Si pensi semplicemente alle dimensioni della media della case italiane, realizzate per una famiglia tipica di quattro membri. Dove metteremmo un robot antropomorfo delle dimensioni paragonabili a quelle di un adulto, o poco meno. In cucina, dove abitualmente si mangia anche, ci sarebbe un sovraffollamento, con il robot intento a preparare le pietanze, e magari a servirle, e l'andirivieni degli altri componenti. Si dovrebbe destinare anche uno spazio per la ricarica. Dove? in uno sgabuzzino abitualmente strapieno? E per l'energia necessaria, non sarà il caso di cambiare il contratto Enel e passare a quello da 5 KWatt, caso mai tre non fossero sufficienti? Che dire poi dei lavori domestici? Sarà possibile farglieli fare di notte, in appartamenti in cui,  per quanto silenzioso possa essere, il rumore di un aspirapolvere  o di un altro generico motore elettrico si sente negli appartamenti adiacenti come se non ci fossero muri. Anche il modello di distribuzione e di manutenzione non potrà essere lo stesso degi attuali elettrodomestici. Già ora un grosso problema nel cambio del cellulare o del tablet è la conservazione della memoria, ovvero il trasferimento dei dati dal vecchio al nuovo dispositivo. Come avverrà per una intelligenza artificiale che avrà acquisito tutte le conoscenze necessarie alla convivenza nella propria memoria? In quale formato sarà memorizzata la conoscenza?




Risultati immagini per icub

Si sta aprendo una nuova era che vedrà sempre più robot entrare nelle nostre case, le nostre abitudini saranno cambiate e così come gli smartphone e Internet hanno cambiato il nostro modo di interpretare la socialità, così i robot potranno cambiare il modo di intendere il lavoro. Cerchiamo di non farci cogliere impreparati, confondendoli con una versione evoluta del vecchio Tamagotchi.


Per saperne di più: Cingolani-Metta, Umani e umanoidi, Il Mulino
                               R.Oldani, Spaghetti-Robot, Il made in Italy che ci cambierà la vita, Codice Edizioni
Appunti
Commento sul mio taccuino ( cartaceo e in web) gli argomenti che di volta in volta mi sembrano più interessanti, con un obiettivo semplice: cercare di migliorare e rendere più chiara la mia visione del mondo. E se questo può aiutare anche voi, ne sono felice.